29 April 2024

Ettore Cinnella: costò 6 milioni di vittime la collettivizzazione nella campagne russe.

A giudicare dal titolo dell’incontro “il comunismo e le sue vittime”, tenutosi giovedì scorso presso il Bastione Toledo, ci si poteva facilmente immaginare che a promuoverlo fosse stato un qualche Cornacchione in perenne fregola berlusconiana. Dietro, invece, c’era l’opera dell’infaticabile Fondazione D’Ettoris e la manina non troppo nascosta di Alleanza Cattolica, di cui Giovanni Cantoni (al quale sarebbe toccato l’intervento conclusivo) è presidente nazionale. Purtroppo cause le cattive condizioni climatiche, il direttore del bimestrale “Cristianità” non ha potuto lasciare Milano; e neppure Dario Fertilio, giornalista del Corriere della Sera ed autore de La morte rosa. Alla fine a monopolizzare l’intera serata davanti a una esigua platea di studenti degli istituti superiori, è stato il prof. Ettore Cinnella, docente di storia contemporanea e storia dell’Europa Orientale all’università di Pisa.

E’ facile essere etichettati

Presentava l’incontro Antonio D’Ettoris, direttore della biblioteca Piergiorgio Frassati. Incontro il professore originario della Basilicata, prima dell’inizio dei lavori, intanto per salutarlo come ex studente dell’ateneo pisano, e poi per fargli qualche domanda sul suo impegno in quella sede. “Ecco chiariamo subito- mi dice- il  fatto che io, come socialista non condivido la linea adottata da Alleanza Cattolica e voterò per l’Ulivo. E ho voluto dirglielo per in questo paese è facile essere etichettati in modo o nell’altro”. Quindi con la pacatezza e la bonomia sue proprie, continua: “Nell’Ottobre del 2004 ho partecipato a Tirrenia ad una conferenza sul totalitarismo. E’ stata in quell’occasione che un amico in contatto con la Fondazione D’Ettoris mi ha fatto chiamare da Antonio…Ripeto non c’era nessuna affinità politica, però avrei parlato volentieri di questo tema perché studio da tanti anni i regimi totalitari del Novecento. Ed è anche qui che oggi non vorrei dare l’impressione di chi celebra il processoad uno solo totalitarismo: essi vanno tutti studiati per capire perché è potuto accadere; e poi denunciati perché non succedano più”.

Ricordo però all’epoca in cui anch’io sedevo tra i banchi dell’Università la maggioranza dei docenti erano marxisti- leninisti, ribatto con una certa malizia orami irrancidita a causa delle pesanti lezioni a cui ero sottoposto e di cui ancora conservo il ricordo.

“Ma, vede, proprio per questo io ero considerato in quegli anni un anticomunista: perché denunciavo le storture del comunismo nonostante la mia fede politica”.

Che idea si è fatto della Calabria e di Crotone?

“Sono due realtà che non conosco. Io sono lucano, e non ho mai avuto occasione di spingermi più a sud: per questo motivo non ho voluto perdermi l’opportunità di incontrare la vostra gente, gli studenti e di parlare con loro…”.

Verso le 18:30 Antonio D’Ettoris, solo con il professore al tavolo dei relatori spiega il motivo di quell’incontro: “Perché – dice- questo, come altri temi, rientra nel nostro ciclo di studi sul Novecento. In questo caso siamo partiti dalla riedizione del libro di Robert Conquest, Racconto di dolore, di cui il prof. Cinnella ha curato la postfazione, per focalizzare l’attenzione sull’Holodomor ( la morte per fame )che colpì l’Unione Sovietica (specie l’Ucraina, il Kuban e il Kazachistan) nel 1932 1933 mietendo milioni di vittime nelle campagne”.

Un ciclo di studi sul Novecento

Detto questo, ha passato subito la palla al docente di storia contemporanea che essendo l’unico mattatore della serata, ha dovuto “stiracchiare” il suo intervento per ben oltre venti minuti. Parlando a braccio, ha ripreso il filo della tragedia della repressione sovietica nei confronti di milioni di contadini, piccoli commercianti, religiosi, intellettuali e perfino barbieri (tutto il variegato mondo del lavoro autonomo e degli uomini indipendenti insomma), partendo proprio dal libro del sovietologo Conquest che, uscito nel 1986 ( in piena perestroika gorbacioviana) “suscitò molto clamore e in qualche caso scandalo là dove si parlava di collettivizzazione violente dell’economia da parte del regime sovietico”. Certo, ricorda il professore, c’era già stato nel ’56 il dirompente rapporto Kurusciov al XX congresso del Pcus che denunciò il “Grande terrore” e i crimini staliniani; ma la notizia di un genocidio condotto scientificamente attraverso lo strumento di una carestia pilotata dal regime del rais georgiano era davvero troppo anche per i comunisti più critici dell’altra parte del mondo: quello dello strappo da Mosca ma che sempre guardava a questa come ad una madre tradita. Oggi sappiamo che a cavallo tra il secondo e il terzo decennio del 900, la Russia del nuovo czar Josif Vissarionovic Dzugasvili (Stalin) dichiarò una guerra spietata ai kulaki- contadini arricchiti durante il periodo del Nep (nuova politica economica)- i quali resistevano all’ingresso forzato nelle aziende agricole collettive (kolchozy) ed in quelle statali (sovchozy). Dekulakizzazione che provocò tra i 4 a i 7 milioni di morti. “Se all’interno del mondo comunista – ha continuato Cinnella- c’era ancora chi negava semplicemente tali orrori, all’ esterno il giudizio sui fatti denunciati da Conquest era più severo in quanto, si diceva, non suffragati da prove stringenti.” Infatti nel 1986, data in cui fu pubblicato il libro dello storico britannico, “non era possibile fare ricerche d’archivio, per cui tutto ciò che Conquest ha scritto è basato su documentazione non ufficiale, su raccolte di testimonianze di sopravvissuti, sulle corrispondenze tra le varie ambasciate presenti in Ucraina”. Ma “una volta aperti gli archivi e pubblicati centinaia di documenti- ha concluso Cinnella – la verità è venuta fuori: 6 milioni di morti circa era costata la collettivizzazione dell’attività agricola nelle campagne russe”.

La morte nell’inferno del comunismo mondiale

Il “Golgota ucraino”, come lo ha definito il professore lucano che rifiuta il termine di Olocausto, proprio solo della memoria ebraica, servì anche a fiaccare, attraverso il barbaro strumento della “carestia terroristica”, il sentimento nazionale. Peccato non ci fosse Dario Fertilio, perché avrebbe potuto parlarci dell’altra tragedia: quella tutta italiana delle centinaia e di compagnie compagne che trovarono la morte nell’inferno del comunismo mondiale. Storie raccontate ne La morte rossa, edito da Marsilio. Oggi il balletto di numeri intorno a chi (neri o rossi) abbia prodotto più vittime ci sembra abbastanza inutile e meschino: e perciò, non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te.

Pino Pantisano

Fonte: 

Il Crotonese. 8-10 marzo 2005

Anno: 

2005