29 April 2024

Presentato in Duomo il libro di don Alessandro Saraco su Domenico Caprinica (1400-1458)
Il Vescovo: amiamo la Chiesa con le rughe di vecchia madre

Giovedì 2 dicembre, alle 18,00, nella Basilica Cattedrale di Crotone, la Fondazione D’Ettoris e la Parrocchia S. Dionigi hanno presentato, con il patrocinio della Regione Calabria e della Provincia di Crotone, il libro di don Alessandro Saraco Il Cardinale Domenico Caprinica (1400-1458) e la riforma della Chiesa (Edizioni Liturgiche Roma, pp. 280). Vi hanno Partecipato: mons. Pancrazio Limina (Rettore della Basilica); l’assessore alla Cultura della Provincia, Giuseppe Poerio; il prof. Agostino Borromeo (docente di storia moderna della Chiesa all’Università La Sapienza di Roma); mons. Franco Milito (docente di storia ecclesiastica presso l’Istituto teologico calabro S. Pio X, di Catanzaro); e mons Andrea Magione (Arcivescovo di Crotone-Severina). Presentava Tina D’Ettoris, direttore responsabile de “Il Corriere del Sud”. Il 9 dicembre, poi, l’opera sarà proposta ai romani, presso la Chiesa di S. Silvestro al Quirinale. Perché il battesimo a Crotone, allora?

“Per suscitare un po’ d’interesse nella conoscenza della Storia della Chiesa” in una diocesi dove don Alessandro è nato (e come lui stesso ha spiegato alla fine della serata), dove svolge il servizio di segretario particolare del Vescovo, nonché quello di segretario generale della Curia, direttore della biblioteca diocesana e dell’archivio storico diocesano (sezione di Crotone) e docente di Storia della Chiesa presso l’Istituto di scienze religiose Unus Magister di Crotone. E perché, ancora, bisogna “amare la Chiesa così com’è: con le sue luci e le sue ombre, o, come bene ha detto l’Arcivescovo, rughe di vecchia madre e santa, perché Essa è il corpo mistico di Cristo”.

L’opera e la vita dell’illustre prelato

Raccontarvi la storia di questo libro di storia può risultare un’operazione alquanto ostica e complessa. Intanto perché la biografia dell’autore s’intreccia strettamente col nome e con l’insegnamento del cardinale riformatore vissuto nel XV secolo – don Alesando è infatti un ex-alunno dell’almo Collegio Caprinica, istituto privilegiato per la formazione dei sacerdoti -, e l’opera dell’illustre prelato era l’oggetto della sua tesi di dottorato in storia ecclesiastica alla Pontificia Università Gregoriana; poi perché c’introduce in un palazzo, per usare la bella metafora di mons. Milito, con tante stanze (la dogmatica e la teologia, la storica, la disciplinare, ecc.) in cui si rischia di smarrirsi; e infine per la relata questio di quale riforma per una Chiesa che nei secoli si è divisa in più tronconi (la cattolica, la protestante, la greco-ortodossa e via spezzettando tra le numerose confessioni cristiane). Dunque, per comodità ed esigenza di sintesi, diremo, sempre con mons. Milito, che la struttura del libro si compone di “due piani nobili: quello biografico e quello bibliografico”. Ossia, la storia del cardinale Caprinica e della Chiesa del suo tempo, da una parte, e la disamina del suo ambizioso progetto di riforma ecclesiale dall’altra.

Partecipava a numerose missioni politiche

Nato nell’anno del giubileo (1400) in una famiglia numerosa (sei figli) che vedrà quasi tutti i maschi avviati alla carriera ecclesiastica, entrerà subito dopo la conclusione dei suoi studi giuridici al servizio della Santa Sede con mansioni amministrative, finanziarie e giuridiche. Eletto vescovo di Fermo (1424) e poi cardinale da papa Martino V (1430), ricoprì diverse cariche importanti (Camerlengo del Collegio Cardinalizio, Penitenziere Maggiore, ecc.) mentre partecipava a numerose missioni politiche. Un porporato attivo, Domenico Caprinica, che – come ha scritto don Alessandro in un abstract del libro – “ha avuto, pertanto, la possibilità di maturare la convinzione che urgeva un rinnovamento della Chiesa che partisse dal capo per informare di spirito nuovo tutto il corpo. Come dire che il pesce puzza dalla testa (in capite papa, collegio cardinalizio, curia romana) e da questa bisognava partire con un’operazione di riforma che s’irradiasse nella struttura di base (in membris) costituita dai vescovi, dal clero, dalle diocesi e dal popolo di Dio. La Chiesa, uscita dalla cattività avignonese sempre più “secolarizzata nella sua gerarchia, accentrata nella curia romana, corrotta nella distribuzione dei benefici, ignorata e poco attenta nella selezione dei suoii uomini, rilassata nei costumi” – giusta la lezione del prof. Borromeo -, era divisa in due dal Grande Scisma (1378-1417) che vede la coscienza dei papi e antipapi e la diffusione di movimenti ereticali. Il moto riformatore, partito dai teologi dell’Università di Parigi, D’Ailly e Gerson, chiedeva per la “riforma della Chiesa in capite et membris” un concilio ecumenico sostenendo che non il papa ma la totalità dei fedeli rappresentati al concilio interpreta la volontà di Dio (dottrina conciliare). Seguiranno quattro concili che sanzioneranno la fine dello scisma, ma pure il fallimento delle riforme interne, il consolidamento di un papato secolarizzato, la fondazione di chiese regionali o nazionali dipendenti dal principe.

Conoscere il corpo mistico di Cristo

Le Quidam Avisamenta super reformatione Pape et Romane Curiae (Alcune proposte sulla riforma del Papa e della Curia romana), composta dal Caprinica in data incerta e “manoscritta in quattro codici conservati in tre diverse biblioteche” (A. Saraco), partono dunque da molto lontano: diremmo addirittura da quel movimento cluniacense che dalle abbazie di Cluny s’abbattè come un’onda in piena contro un clero accusato di simonia, concubinato e corruzione dei costumi. E allora? Questa “ecclesia semper reformanda”, secondo l’espressione di mons. Limina, è tutta da buttar via? “Cristo sì, e questa Chiesa no? – si chiede mons. Magione nella sua conclusione -, come si diceva in un particolare periodo storico? Sinceramente, dopo aver sentito tutto ciò che si è detto qui, non so se un libro così nelle vostre mani potrà farvi del bene”, ironizza coi suoi figli. E ricorda a tutti che la Chiesa ha espresso anche molti santi, dai quali ha ricevuto un’immensa luce; e che bisogna conoscere il corpo mistico di Cristo “a partire dalle catacombe e più in profondità: oltre le apparenze”. Quindi, ricorrendo ad una similitudine, come dall’educatore allo scolaro, ha chiarito: “Come si ama la propria madre, anche quando ha le rughe, così dovete amare la Chiesa, guardandola nel volto della sua santità”.

E se la questione morale della Chiesa ha solo 2000 anni, quella della politica è un’eredità ben più antica e pesante. Forse lo stesso anelito a ritornare allo “spirito originario” era nelle parole dell’ass. Giuseppe Poerio, che si è detto, per cultura e formazione politica, “particolarmente sensibile al riformismo, in ogni campo”.

Pino Pantisano

Fonte: 

Il Crotonese. 7-9 dicembre N.95

Anno: 

2004